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La Responsabilità di Raccontare: L'Incontro tra Tindaro Granata, Nicola Borghesi e Enrico Baraldi

1 Settembre 2025

Fabio Sebastiani

Due percorsi artistici, due spettacoli differenti, un unico, fondamentale interrogativo. L’incontro Tra testimonianze e rappresentazione: due percorsi artistici a confronto, moderato da Elisabeth Sassi, ha visto in dialogo  Nicola Borghesi ed Enrico Baraldi, della compagnia Kepler-452 e l’artista Tindaro Granata, tutti impegnati a esplorare la stessa, complessa, problematica: come mettere in scena le storie di chi non ha la libertà di farlo da solo?

Questa domanda diviene fondamentale quando il teatro, in questo senso, si fa strumento di una potente sociale. Non è più solo un luogo di finzione, ma uno spazio che si apre alla realtà, dando visibilità a ciò che altrimenti rimarrebbe invisibile. In questo modo, le esperienze portate sul palco non restano confinate ai margini, ma diventano patrimonio di tutti, permettendo al pubblico di confrontarsi con una realtà scomoda e complessa. 

 

In Vorrei una voce, Granata alterna il racconto della sua esperienza diretta come operatore teatrale, che ha svolto nella casa circondariale di Messina dal 2019 al 2024, a cui aggiunge piccoli estratti autobiografici, con momenti in cui dà voce alle detenute che ha conosciuto, interpellandole in prima persona. L’artista si addentra in questa dimensione carceraria, un luogo con regole sociali e dinamiche diverse da quelle a cui siamo abituati, e ne racconta le difficoltà con cui anche lui si è scontrato, come quando ha ricevuto una sanzione per essersi tolto la maglietta mentre spiegava un movimento.

Il cuore dello spettacolo risiede nella capacità di Granata di impersonare le detenute, rendendo così visibili le loro storie. Le donne raccontano le loro vicissitudini, il rapporto con le famiglie prima e dopo la detenzione e le loro prospettive future. In particolare, il monologo si sofferma sulle sfide che si sono trovate ad affrontare durante il laboratorio teatrale, durante il quale hanno lavorato su alcune canzoni di Mina in playback.  L’artista, con impressionante capacità tecnica, mette in luce un aspetto delicato e complesso: la difficoltà per queste donne di esprimere la propria femminilità e sensualità in un ambiente che vieta tale espressione. I momenti di playback, tecnicamente squisiti, diventano così  veicolo per riappropriarsi di una parte di sé negata.

 

Ne La zona blu. Una lettura di appunti dai confini dell’Europa Nicola Borghesi accompagna il pubblico in una missione di soccorso di cinque settimane nel Mar Mediterraneo a bordo della Sea-Watch 5, vissuta in prima persona insieme a Enrico Baraldi. L’artista si serve degli appunti presi durante quel viaggio e dalle riprese fatte da Baraldi, che ripercorrono momenti di frenetica azione e toccanti aneddoti. Lo spettacolo, accompagnato  dal contrabbasso di Francesca Baccolini, si distingue per l’onestà con cui Borghesi racconta i suoi pensieri, anche quelli più scomodi. La narrazione svela la vita sulla nave e i salvataggi di due barconi alla deriva, e soprattutto si sofferma anche su momenti di naturale umanità, come l’organizzazione di una festa per smorzare l’inerzia del viaggio di ritorno ma soprattutto per gioire dell’essere ancora vivi. Permette inoltre di guardare all’Europa con uno nuovo sguardo: cioè con quello di chi è sopravvissuto e cerca adesso un mondo che gli permetta di vivere al sicuro.

 

All’incontro, dopo aver condiviso  alcuni aneddoti delle due diverse esperienze, il dibattito si è spostato sulla questione etica, ossia su come si possa affrontare in modo etico il dilemma di dare una voce a chi non ha la libertà di farlo da solo.

Tindaro Granata, non potendo portare le detenute fuori dal carcere, ha scelto di farsi lui stesso voce e corpo delle loro esperienze, con il massimo rispetto e aderenza alla realtà. Per sottolineare l’importanza di questo processo, ha condiviso un aneddoto toccante: il figlio di una delle detenute è andato a vedere lo spettacolo, si è commosso e ha persino partecipato a un laboratorio creato appositamente per i familiari.

Dall’altra parte, Borghesi e Baraldi hanno rivelato che nel loro spettacolo completo A place of safety. Viaggio nel Mediterraneo centrale, che si basa sugli appunti de La zona blu, porteranno sul palco anche dei soccorritori veri e propri. Una soluzione a cui sono arrivati dopo vari ragionamenti su cosa e/o chi fosse stato più giusto portare in scena.

Confrontando però unicamente gli spettacoli portati al festival si può notare subito come gli artisti abbiano trovato soluzioni artistiche nettamente differenti. In Vorrei una voce ci si concentra sul vedere, grazie al lavoro di immedesimazione di Granata; mentre ne La zona blu l’attenzione si concentra sul sentire i pensieri di Borghesi durante la missione di salvataggio.

L’incontro ha messo in luce come non esista una risposta unica e definita al dilemma tematizzato, non c’è una ricetta per tutti. Entrambi hanno dimostrato che l’onestà e l’integrità non si trovano nella pretesa che il teatro sia un luogo democratico, ma nella consapevolezza che l’artista impone un punto di vista proprio nel modo in cui  sceglie di affrontare questa sfida. La conclusione condivisa da tutti gli artisti è che l’etica di queste forme teatrali risiede nella scelta e che sta proprio in questa scelta la responsabilità di ogni gesto artistico.