XXIV
Festival
Internazionale
di
narrazione
Arzo
22–25 agosto
2024
Journal
26 Agosto 2023
Carola Fasana
“Esercizi di fantastica” per volare con l’immaginazione
"Esercizi di fantastica" interpretato da Elisa Canessa, Federico Dimitri e Francesco Manenti è un manuale visivo e performativo che ricorda agli adulti di guardare il mondo con lo stupore incantato di un bambino e che incoraggia i bambini ad avventurarsi in una dimensione magica con gli occhi ben aperti.
23 Agosto 2023
Carola Fasana
“IO. NOI. GLI ALTRI”
“Posso iniziare?” Così si rivolge al pubblico Nicola Borghesi dal fondo della Corte Solari. Cammina in mezzo alle sedie, sale sul palco, li osserva uno per uno. Sono tante navi separate, non un mare nero compatto. Tanti “io” seduti lì, uno di fianco all’altro.
22 Agosto 2023
Giacomo Stanga
Cosa si dice, come lo si dice: Frosini e Timpano tra scrittura, forma e contenuti
In scena sabato sera con "Gli sposi. Romanian tragedy" e domenica pomeriggio con "Carne", Elvira Frosini e Daniele Timpano hanno incontrato il pubblico del Festival alla corte dei Miracoli, condividendo alcuni dettagli dei loro lavori e parlando, più in generale, di teatro e di narrazione.
20 Agosto 2023
Giacomo Stanga
La morbidezza dell’asfalto: resoconto dell’incontro «il teatro e il carcere»
Riflessione sull'incontro «Storie così grandi» e sugli spettacoli che, in questa edizione del Festival, portano in scena direttamente l'ambiente carcerario (in particolare House we left, Il colloquio e Sguardi a confronto)
20 Agosto 2023
Carola Fasana
“Che cos’è la drammaturgia oggi?”
Chicco Dossi e Simone Tudda, Nicola Borghesi della compagnia Kepler-452, Matteo Luoni e Alan Alpenfelt del progetto Luminanza sul palco della Corte dei Miracoli si sono confrontati con la fatidica domanda “che cos’è la drammaturgia oggi?” posta da Sofia Perissinotto. La drammaturgia può essere un veicolo a cui si ricorre per indagare un’ossessione e trasformarla in un testo, oppure un qualcosa di cui fidarsi e che va rispettato, oppure ancora una modalità per riflettere sulla barriera linguistica in una terra di confine.
18 Agosto 2023
Giacomo Stanga
«È tutto vero»: il mondo visto (quasi) dormendo
A dialogo con Vittorio Ondedei, che giovedì notte ha presentato lo spettacolo "Ho sonno. Il mondo ad occhi chiusi", un monologo liminare tra coscienza e incoscienza accompagnato dalle musiche di Giulio Escalona.
16 Agosto 2023
Giacomo Stanga
Vedersi di fronte
Al via la ventitreesima edizione del Festival Internazionale di Narrazione di Arzo
27 Agosto 2022
Carola Fasana
A dialogo con Irene Serini e Caterina Simonelli: “uno spettacolo in cui tutto è svelato.”
Sabato 20 agosto, nella Tenda Bianca, Irene Serini porta in scena Abracadabra – incantesimi di Mario Mieli [#studio3] in un continuo gioco tra dentro e fuori dalla vita del poeta, attivista, filosofo, attore. È rappresentata sia la difficile e profonda ricerca di Mieli sia quella dell’attrice in un sottile equilibrio tra le due personalità, dettato da momenti di vicinanza e di fusione.
23 Agosto 2022
Carola Fasana
Maniaci d'Amore: un teatro di desiderio, condivisione e comunicazione
Con lo spettacolo Siede la terra. Fenomenologia della pettegola, sabato 20, in compagnia di Luciana Maniaci (Teresa) e Franceso d’Amore (Clarice) siamo catapultati a Sciazzusazzu di Sopra. Un mondo in cui ci sono: i buoni e i cattivi, chi profuma e chi puzza, quelli che si comportano secondo le regole e chi invece va fuori dal tracciato, chi va elogiato e chi va condannato, chi è normale e chi è strano, etc.
23 Agosto 2022
Giacomo Stanga
Storie di uomini e topi
Alcune note scaturite dall’incontro tra la compagnia Usine Baug, autrice di «Topi. A vent’anni dal G8 di Genova 2001», Angelica Lepori, sociologa e parlamentare ticinese, e il pubblico del Festival Internazionale di Narrazione, incontro moderato e concluso con un’interessante rassegna bibliografica proprio dal presidente del Festival Marco Mona.
23 Agosto 2022
Carola Fasana
Laboratorio con Ireni Serini e Caterina Simonelli: "Qual è secondo voi la differenza tra maschi e femmine?"
Venerdì 19 agosto, nella palestra di Arzo, le registe, drammaturghe e attrici Irene Serini e Caterina Simonelli hanno tenuto il laboratorio per adulti/e EveryBody, rivolto in particolare a chi opera in ambito educativo. Quattro ore intense in cui sono state sviscerate individualmente, ma insieme nel gruppo, e sentite sulla pelle, attraverso il medium del corpo, delle tematiche fondamentali inerenti all’identità di genere.
21 Agosto 2022
Giacomo Stanga
«Dare qualche strumento per capire» : conversazione con Alessandro Sesti su Ionica
Andato in scena venerdì sera, «Ionica» di Alessandro Sesti racconta una storia di ‘ndrangheta e di giustizia da un punto di vista peculiare, ed è il frutto di un lavoro di ricerca sul campo che ha profondamente segnato l’attore: ne abbiamo discusso insieme per avere qualche dettaglio sull’origine dell’idea, su come è stato possibile realizzarla e sull’effetto che quell’esperienza diretta ha avuto sulla costruzione dello spettacolo.
21 Agosto 2022
Carola Fasana
"Più che teatro": dialogo con Nicole & Martin
Venerdì 19, della ventiduesima edizione del Festival, nella suggestiva tenda bianca all’entrata del paese, bambini, bambine e famiglie sono stati trasportati nel magico mondo agreste della Germania dell’est di Il pescatore e sua moglie. Sabato il pubblico viene catapultato nel mondo incantato del patrimonio slavo con Wassilissa. E ancora, domenica, con i Musicanti di Brema i piccoli spettatori e le piccole spettatrici seguono i suonatori in un viaggio fortemente simbolico fino alla città di Brema.
20 Agosto 2022
Giacomo Stanga
Deus est machina?
Nel pomeriggio di venerdì Laura Curino e Beatrice Marzorati, le due attrici in scena nello spettacolo «Big Data B&B», hanno incontrato il pubblico del Festival alla Corte dei Miracoli, con la mediazione della professoressa Roberta Carpani (Università Cattolica di Milano).
Oltre al tipo di lavoro intrapreso e alle numerose collaborazioni che si sono rese necessarie per affrontare un argomento di tale portata, si è parlato del senso del teatro, della commistione di linguaggi (tra scienza, latinorum e Goldoni) e di quanto sia sempre più facile – e divertente – fare i cattivi.17 Agosto 2022
Giacomo Stanga
Che basta un colpo di vento per
Al via la ventiduesima edizione del Festival Internazionale di Narrazione di Arzo
23 Agosto 2021
Giacomo Stanga
Una parola, un’immagine
Con Marco D’Agostin, autore e interprete di «First Love», si è parlato anche di scambio culturale tra danza contemporanea e teatro di narrazione. In dialogo con Nunzia Tirelli, coreografa e danzatrice, un piccolo approfondimento sul rapporto tra voce e corpo, sul dialogo tra sport e creazione artistica e sulla relazione che si crea con il pubblico durante lo spettacolo.
22 Agosto 2021
Giacomo Stanga
La scimmia siamo noi
Sabato sera il pubblico del Festival ha avuto il piacere di ammirare «La Scimmia», una riflessione sulla natura umana mediata da un grottesco personaggio da commedia, un essere ibrido che ci porta a interrogarci sulle nostre scelte e sulla nostra – attiva o meno – partecipazione alla narrazione dominante. Alcune riflessioni sull’incontro tra Giuliana Musso, attrice e autrice dello spettacolo, e Sofia Perissinotto.
21 Agosto 2021
Giacomo Stanga
Un teatro all'ascolto
Avviato nel novembre del 2020 in collaborazione con il Telefono Amico Ticino e Grigioni Italiano, il progetto «Pronto? Io ci sono» della compagnia Grande Giro ha esordito al Festival di Narrazione, portando sul palco storie, esperienze e racconti legati alla nascita e all’attività del presidio telefonico 143. Un breve approfondimento, in conversazione con attore e attrici, sui metodi di lavoro e sul rapporto tra il teatro e la realtà.
20 Agosto 2021
Giacomo Stanga
Nel nome di quale padre?
Mario Perrotta, qualche ora prima di aprire la ventunesima edizione del Festival di Narrazione, ha dialogato con Laura Di Corcia per approfondire il lavoro di ricerca – non solo teatrale – che ha portato alla scrittura e alla messa in scena di «Nel nome del padre» e, dalla riflessione sulla genitorialità e sui rapporti sociali che la circondano, sono emersi molti sintomi di disfunzionalità (non solo individuali, anzi) e qualche sincero messaggio di speranza.
1 Settembre 2019
Mara Travella
Incontrarsi su di un palco
Intervista agli attori che hanno portato in scena Thioro. Un cappuccetto rosso senegalese, una coproduzione Teatro delle Albe, Ravenna Teatro, Accademia Perduta, Romagna Teatri, Ker Théatre Mandiaye N'Diaye
1 Settembre 2019
Mara Travella
Raccontare «rimanendo sul confine»
Intervista con Stefano Beghi e Marco Prestigiacomo, voce e musica di due spettacoli – Rimanendo sul confine. Ovvero: la volta che rincorsi il fante di cuori e Simplon (Produzione KaraKorum teatro) – ospiti alla ventesima edizione del Festival.
1 Settembre 2019
Mara Travella
Storia di una ragazza eccezionale
Intervista a Monica Ceccardi a proposito de Il taccuino di Simone Weil, spettacolo preserale andato in scena ieri al cortile della Contessa.
31 Agosto 2019
Mara Travella
Le Clarisse che potremmo essere
Intervista a Marta Cuscunà e Marco Rogante su La semplicità ingannata, andato in scena ieri sera alla Cava Broccatello.
3 Settembre 2018
di Mara Travella
Questa è la bella vita che ho fatto
Una trilogia chiamata Terra Matta. Una voce, una sedia. Stefano Panzeri sulla scena non ha nient’altro, perché il resto è riempito dalla storia di Vincenzo Rabito, un bracciante siciliano semianalfabeta, autore di un’autobiografia tanto lunga e intensa da essere divisa in tre momenti (1899 – 1918; 1918 – 1943; 1943 – 1968).
2 Settembre 2018
di Mara Travella
L’idea un po’ scanzonata di fare il cantastorie
Dopo lo spettacolo l’attore ci ha raccontato un po’ di quello che sta dietro «Transumanze»: le passioni, gli intenti, le ricerche da cui nasce questo spettacolo.
1 Settembre 2018
di Mara Travella
«Io mi rinasco»
Abbiamo fatto una chiacchierata con le cinque voci – quelle di Francesca Cecala, Miriam Gotti, Barbara Menegardo, Ilaria Pezzara, Swewa Schneider – protagoniste di Piccolo canto di resurrezione, della compagnia Associazioni Musicali si cresce, andato in scena ieri sera all’OSC di Mendrisio. Si è cercato di capire come è nato lo spettacolo, che importanza ha il canto e perché l’urgenza di parlare oggi di resurrezione.
1 Settembre 2018
di Mara Travella
A suon di violoncelli
Una breve intervista con Milo Ferrazzini, uno dei membri del gruppo TheXcellos
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23 Agosto 2018
Conferenza stampa
Questa mattina alle 11:00 si è tenuta a Mendrisio la conferenza stampa del nostro Festival, un incontro che ha l’obiettivo di dare un’idea di quello che accadrà da giovedì 30 agosto a domenica 2 settembre ad Arzo.
Le Clarisse che potremmo essere
31 Agosto 2019
Mara Travella
Carine ma non troppo, intelligenti ma non troppo, brave a cucinare, silenziose, docili, accondiscendenti e se per caso la tua famiglia non ha soldi per la dote e nessuno ti vuole comprare allora biglietto di sola andata per il convento. Ah, non volevi farti monaca? Peggio per te.
Così è andata sempre. Salvo alcune eccezioni, e per fortuna le eccezioni ci sono sempre. Come quella delle sei monache di Udine, conosciute poi come Le Clarisse, che nel Cinquecento decisero – per la prima volta, gettando quel primo ‘seme di Resistenza’ – di opporsi, di non accettare quel ‘peggio per te’ e di creare all’interno del convento uno spazio libero e autonomo che è tra i primi esempi di contestazione femminile del potere. Donne che «non si sono accontentate delle briciole all’interno di un sistema patriarcale» come ci ha detto Marta Cuscunà nell’intervista che le abbiamo fatto a proposito de La semplicità ingannata, andato in scena ieri sera nella bella cornice delle cave di marmo.
«Mi sembrava sconvolgente» ha continuato «che pur essendo una storia lontana nel tempo e nella tematica – poiché la monacazione forzata non è più un problema – ci fossero delle analogie con il nostro tempo. Prima fra tutte la monetizzazione della figura femminile, presente ancora oggi nelle pubblicità, e che nel periodo in cui stavo scrivendo era rappresentato perfettamente dallo scandalo delle olgettine, dove al posto delle tangenti c’erano le ragazze». Parte di una trilogia (È bello vivere liberi e Sorry, boys) lo spettacolo è frutto di una ricerca e di uno studio su materiali storici. E poi dalla Storia si approda al teatro attraverso un lavoro di rielaborazione e riscrittura che Marta realizza con Marco Rogante, suo assistente alla regia e tecnico, che prima come «spettatore esterno» e poi come parte attiva del processo creativo l’accompagna fino alla versione definitiva dello spettacolo.
Li abbiamo incontrati questa mattina, soddisfatti e felici dopo la performance di ieri e pronti a partire, «che tanto il materiale dello spettacolo (le sei pupazze ‘monache’ e l’ ‘Inquisitore’ che Marta muove e fa parlare con grande abilità) ci sta in un bagagliaio» e quindi la storia delle Clarisse è sempre pronta a viaggiare, a stupire ancora nuovi spettatori raccontando – che ancora e sempre ne abbiamo bisogno – di femminismo, di libertà di movimento, pensiero, e parola.
Parliamo innanzitutto del rapporto con le fonti storiche e dell’elaborazione che avete fatto sul testo sino a farlo diventare spettacolo teatrale.
Marta: La fonte principale è stata questo saggio storico che si chiama Lo spazio del silenziodi Giovanna Paolin, storica di Trieste. Lei ha affrontato in un primo capitolo il tema della monacazione forzata e il suo funzionamento. La storica stessa presenta storie di resistenza alla monacazione forzata, tra cui quella delle Clarisse, di Arcangela Tarabotti e di altre donne. Da subito la storia delle monache Clarisse mi ha affascinata, ha una potenza incredibile. Una volta deciso di affrontare questo discorso ho iniziato a studiare anche Arcangela Tarabotti, autrice nel Seicento di scritti riguardanti la monacazione forzata. C’era una differenza di documenti storici poiché delle Clarisse non c’era nulla riguardo a documenti biografici, mentre di Arcangela c’era molto materiale, quindi inizialmente ho scritto versioni completamente separate, e solo in seguito abbiamo pensato di unirle.
Marco: All’inizio Marta svolgeva le ricerche e cercava di non coinvolgermi minimamente, mi arrivava la prima stesura del testo senza che io ne sapessi niente, magari mi aveva solo accennato il tema. Questo perché volevo rimanere neutro e il più possibile oggettivo. Tendenzialmente lei mi presenta il testo, io lo leggo e cerco di capire dove può funzionare, dove no, e do suggerimenti. Quando si arriva ad un testo che può andare in scena iniziamo a provare e anche qui rielaboriamo molto. Ne La semplicità ingannata ad esempio abbiamo usato due storie e inizialmente non sapevamo come unirle. Poi abbiamo capito che le due vicende potevano funzionare molto bene perché mentre le Clarisse raccontano la fase rivoluzionaria, la storia di Arcangela messa all’inizio permette il punto di vista di una bambina che si trova in questo mondo sconosciuto.
C’è un legame tra questo spettacolo e ‘È bello vivere liberi’, primo spettacolo della trilogia?
Marta: Quando avevo cominciato a lavorare su Ondina Peteani, partigiana, mi aveva stupito scoprire che i semi del femminismo ci fossero già nella lotta antifascista e di liberazione. Molto prima del femminismo del ’68 e proprio in un momento cruciale della storia del nostro paese le donne avevano capito che dovevano cambiare il ruolo che potevano rivestire in un paese democratico. Questo essere in anticipo rispetto al Sessantotto mi aveva colpita, non l’avevo preso in considerazione. La storia delle Clarisse si lega benissimo poiché è addirittura precedente. Arcangela Tarabotti in questo senso è considerata una pensatrice protofemminista, perché rivendica la libertà delle cittadine veneziane in un’epoca in cui – per dire – ci si chiedeva se le donne avessero o meno un’anima.
Il titolo dello spettacolo ‘La semplicità ingannata’ è tratto da un testo di Arcangela Tarabotti. Marta Cuscunà, che cos’è per te la ‘semplicità ingannata’?
Marta: La semplicità ingannata per me è che siamo nel 2019 ancora caschiamo nella rete del sistema. La differenza tra noi e le Clarisse è che loro non si sono accontentate delle briciole all’interno di un sistema patriarcale. Loro hanno detto: “noi qui dentro possiamo creare qualcosa di completamente diverso.” Noi non abbiamo questo coraggio. Ci accontentiamo di questi piccoli spazi all’interno di un sistema che ancora ci schiaccia. Se si pensa al lavoro della ‘cortigiana onesta’ (una prostituta ndr) è ancora un tema su cui il movimento femminista oggi è molto diviso. Io mi sento in difficoltà perché è difficile parlare di libertà se sei in un meccanismo economico e non sei tu che decidi le regole.
C’è un grande utilizzo dell’ironia nello spettacolo: ce ne volete parlare?
Marco: Il discorso dell’ironia è tangenziale a tutti gli spettacoli. Fin dall’inizio abbiamo cercato di uscire dalla classificazione di genere, che non ha senso di esistere. Shakespeare quando viene fatto bene è sia comico che drammatico. Abbiamo subito cercato di andare in quella direzione, e i pupazzi ti permettono di esaltarla tantissimo. Per la scena del processo abbiamo lottato molto – al di là del fatto che fosse esilarante e che le monache prendessero in giro l’Inquisitore – perché non c’era nulla. Ci siamo dovuti inventare molto nel testo.
Marta: Da un lato l’ironia era uno dei tratti caratteristici della vicenda delle Clarisse. Davvero nei documenti si può leggere di come queste monache si facevano beffe dell’Inquisizione, di come si fingevano ingenue e di come scaricavano la responsabilità delle accuse su suore già morte. L’ironia mi è sembrata un’arma interessante visto che ci sono molti pregiudizi nei confronti delle femministe, mi sembra un modo per creare un incontro senza diffidenza. I pupazzi permettono proprio questo tipo di linguaggio immediato. Nel racconto ci sono poi dei continui passaggi tra passato e presente, con riferimenti anche a ciò che in quel momento stava succedendo: si tratta ad esempio dell’enciclica del 2007 in cui Ratzinger aboliva il Limbo.
Abbiamo cercato di mettere nel testo le cose che ancora ci riguardano. C’erano diversi elementi per cui le Clarisse sono state accusate di eresia, come per esempio il fatto che pregassero verso il sole. Questo aspetto io ho avuto la necessità di trasformarlo in legame con la Dea femmina. Era una forzatura evidente, per cui ne ho parlato con le storiche e sebbene di questo non ci sia conferma dai documenti è emerso che le clarisse avevano smesso di confessarsi con il confessore e raccontavano i loro peccati alla badessa, quindi questo elemento di genere anche nel riconoscimento dell’autorità effettivamente c’era. A noi oggi del fatto che fossero anabattiste e libertarie forse importa meno, ma ci sono elementi che continuano a persistere come la presenza di un’istituzione ecclesiastica che è ancora fortemente patriarcale e sembra che noi non ci facciamo caso.