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"Più che teatro": dialogo con Nicole & Martin

21 Agosto 2022

Carola Fasana

Nicole & Martin dal 1999 girano il mondo con carrozzoni e camion per diffondere storie di varie tradizioni culturali che altrimenti rischiano di essere perse e dimenticate per sempre.

Un teatro che, come ha detto Nicole nella conferenza stampa di apertura, “è più che teatro”: lo è ma non si esaurisce in esso, in quanto l’intento è proprio quello di fondere insieme più mezzi espressivi. C’è la parola ma c’è anche tutto il mondo circense dalla giocoleria, all’acrobatica, al mangiafuoco, e c’è anche la musica indagata attraverso strumenti differenti e il corpo dei performer. Entrando nella tenda si fa l’ingresso in un mondo altro dove la fiaba, la fantasia e gli archetipi conducono anche lo spettatore adulto fino al profondo della propria interiorità infantile.

 

Voi siete dei performer a tutto tondo: attori, circensi, giocolieri… Come cosa siete nati per prima?

(Ridendo) Siamo nati normali, niente di speciale.

 

Come formazione intendo.

Io nasco come carpentiere, Nicole voleva lavorare con bambini e bambine. Poi abbiamo fatto la scuola di teatro Dimitri e abbiamo cominciato a fare teatro con le famiglie. È ventitré anni che siamo in giro. Prima senza bambini, poi con bambini, adesso i bambini sono adolescenti…

 

Anche all’inizio avevate tre camion? E avevate già una tenda così grande?

No, no avevamo solo un carrozzone e un trattore, questi da contadino. Abbiamo iniziato 23 anni fa. Pensa che c’è qui nella mia compagnia adesso la figlioccia di Nicole, lei è nata proprio quando montavamo la nostra tenda, era nella pancia della sua mamma nel ‘99.

 

Perché prendere storie dalla tradizione e continuare in un certo senso a tramandarle con un teatro itinerante?

Non volevamo inventare uno spettacolo ma avere una base forte, volevamo fare uno stile non solo di narrativa ma anche di movimento e musica. Unire tanti mezzi espressivi, artistici, per questo le fiabe andavano bene per noi. Perché non sono la storia vera oggi, un uomo e una donna… sono fiabe, hanno un altro livello simbolico, tutto quello che succede in noi stessi. Come un libro per bambini con tante immagini. Infatti, c’è sempre la domanda legata all’educazione, cosa vuoi trasmettere ai bambini?

Per capire devi lasciare la testa e aprire il cuore e dopo ricevi, sei toccato e porti qualcosa via. Se vuoi arrivare a questo livello non puoi farlo dall’intelletto. I bambini non pensano, hanno un accesso diretto a questo mondo.

 

Nella conferenza stampa di apertura Nicole ha detto che attingete a vecchie favole con una simbologia specifica, favole che possano parlare a tutti e tutte. Volevo chiedervi quale simbologia vi è particolarmente cara?

È più Nicole che ha queste visioni, lei ha tante visioni degli spettacoli. Non andiamo dal punto di vista intellettuale, ma seguiamo queste intuizioni che però vengono dalla fiaba. A Nicole piacciono molto i sogni, anche i sogni si muovono su questo livello, di archetipi, senza tempo. Se tu sogni qualcosa è sempre simbolico, non è la realtà. I musicanti di Brema per esempio… Brema è una città. Molto spirituale, simbolica, un’illuminazione. Dopo aver scacciato gli uomini restano gli animali e si mettono l’uno sopra l’altro, si uniscono, dopo si è completi. Simbolicamente, sei arrivato; Nicole per questo momento aveva una visione di un telo grande color arcobaleno, voleva che fossimo tutti sotto questo telo.

 

Voi usate musiche popolari, ma mischiate lingue diverse. Come le componete?

La melodia è quella tradizionale, poi Nicole fa l’arrangement e cambia anche il testo. Nicole ascolta e sceglie dove metterle. Nel pescatore, per esempio, la canzone iniziale la traduciamo nella lingua del paese in cui siamo, perché si deve capire la storia, ma la melodia è stessa. È complicato perché se cambi molto il paese devi studiare molto per gli spettacoli.

 

Ma quindi voi lavorate con un copione scritto oppure nasce sulla scena?

Noi partiamo a lavorare dal testo descrittivo della fiaba e poi aggiungiamo anche i disegni, i colori, il movimento. Non volevamo scrivere dei pezzi noi, le abbiamo abbastanza tenute così come sono, abbiamo cambiato un po’ a volte i personaggi ma per il resto…

Anche perché abbiamo scoperto che vale la pena continuare a raccontarle perché tanti bambini non le conoscono. Non sanno più storie come Hansel e Gretel e… Per esempio, ieri, c’era il pescatore e i bambini dicevano “Oh! il pescatore? Cosa vuol dire? Che cos’è?” Questo è sempre bello!

La storia preferita dalla mia mamma era proprio la storia del pescatore, me la raccontava sempre. Nella storia la donna chiede di essere come Dio, non Dio. È come dire che siamo tutti come Dio e se lo vedi così vuol dire che per essere come Dio basta essere poveri.

 

Martin torna per un attimo bambino e sorride.

Pensa che le storie ci accompagnano mentre cresciamo e si materializzano nel reale anche senza volerlo o saperlo. Si rende conto che lui è proprio come la moglie del pescatore, infatti, lui vorrebbe allargarsi e comprare un altro camion, mentre Nicole, come il povero pescatore, dice che non ne hanno bisogno. “Alla fine resterò solo con una bicicletta come il pescatore!” conclude, ridendo.