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Vedersi di fronte

16 Agosto 2023

Giacomo Stanga

Il Festival Internazionale di Narrazione è alle porte: dal 17 al 20 agosto 2023, infatti, le storie torneranno nelle corti di Arzo e Meride, e potremo assistere ancora una volta all’annuale trasformazione dei due nuclei in una sorta di teatro diffuso. L’auspicio che accompagna questa ventitreesima edizione è vedersi di fronte: un invito al confronto con sé stessi e con l’alterità, all’osservazione della realtà da prospettive inedite e un promemoria di quella funzione straniante che il teatro dovrebbe sempre avere sui nostri sguardi.

 

Si parte da Nell’occhio del labirinto. Apologia di Enzo Tortora. Nel primo spettacolo, giovedì sera, Simone Tudda inizierà a porre alcune delle domande che costelleranno l’edizione 2023 del Festival: domande che hanno a che fare con la giustizia, con l’opinione pubblica, con la narrazione mediatica e, soprattutto, con l’umanità delle persone che a queste tre grandi macchine sono esposte, a volte con conseguenze tragiche e assurde.

 

Il progetto Il Teatro, una finestra aperta sul carcere, infatti, porterà molte delle persone e delle compagnie invitate ad Arzo a interrogarsi e a interrogare il pubblico sulla nozione stessa di giustizia e sulle possibilità di dialogo tra due realtà (fuori e dentro il carcere) che a volte sembrano del tutto ignare della reciproca esistenza. Seguendo questo fil rouge, il tema del confronto con le realtà carcerarie sarà approfondito in un laboratorio pratico di teatro partecipato a cura di Mimmo Sorrentino e apparirà in scena negli spettacoli House we left di Cecilia di Donato (e con la regia di Alessandro Sesti, gradito ritorno dopo il successo del suo Ionica l’anno scorso), Sguardi a confronto di Davide Mesfun e Il colloquio del collettivo lunAzione. Il pubblico si troverà a dialogare con punti di vista spesso ignorati: non solo quello di un ex detenuto che, in prima persona, tesse la cronaca di quell’altrove così vicino a noi, o quello delle persone transgender i cui racconti sono stati raccolti da di Donato e Sesti, ma anche quello di chi rimane fuori, delle tre donne in fila fuori dal carcere di Poggioreale per andare a parlare coi reclusi. L’attitudine di chi racconta non è quindi solo quella di documentare, ma anche quella di creare un legame con la situazione narrata e di cercare il superamento di barriere preconcette e stereotipi che solitamente ci influenzano: allo stesso modo Nicola Borghesi della compagnia Kepler-452 ci parlerà del suo tentativo di comprendere e dialogare con Gli Altri, nel suo caso rappresentati da hater incontrati online, andando oltre un certo senso di superiorità che è facile provare.

 

Un’empatia presa a metodo d’indagine teatrale che ritroviamo anche in 80 centesimi di Pietro De Nova e nei due spettacoli portati ad Arzo da Elvira Frosini e Daniele Timpano; i due, per la prima volta ospiti del Festival, sabato sera presenteranno una Romanian tragedy, ovvero la storia umana e politica di Nicolae Ceaușescu ed Elena Petrescu, Gli sposi del titolo, per poi passare domenica pomeriggio a Carne, un litigio/dialogo di coppia che, dal dibattito sulla questione animalista, finirà per toccare tasti profondi e mettere in discussione molte convinzioni di entrambi.

 

Come sempre, una parte consistente del programma è dedicata a bambini e bambine: oltre al giardino sensibile e al suo laboratorio Fiabe che liberano la mente, Arzo accoglie il suo pubblico più giovane anche nelle corti già a partire da 3 anni (il costruttore di storie di Fabio Galanti e Home sweet home di Roberto Capaldo), e offre spettacoli per tutte le fascie d’età sino all’adolescenza (per quest’ultima si segnala in particolare Storia di un no, di Annalisa Arione e Dario de Falco, a partire dai 12 anni). Da spettacoli ispirati a Gianni Rodari (Esercizi di fantastica, di Elisa Canessa, Federico Dimitri e Francesco Manenti) a storie che parlano di temi “grandi” come la guerra vista attraverso gli occhi di un animale (Mio nonno e il mulo, di Giuseppe Semeraro), con una grande attenzione verso la natura e il nostro rapporto con essa (Genealogie caprine, di Piera Gianotti, Viola e il bosco di Marta Zotti e Storia d’amore e alberi di Simona Gambaro) e con la presenza dei classici Confabula, in alternanza con Prisca Mornaghini e Antonello Cecchinato, i quali domenica offriranno una loro visione di Biancaneve, sarà facile trovare racconti per le proprie orecchie a qualsiasi età.

 

La corte dei Miracoli ospiterà, oltre all’esposizione artistica Su tutti si tiene curata da Elia Gobbi e sempre visitabile, i tradizionali incontri con le compagnie: al pubblico quindi la possibilità di dialogare direttamente con le compagnie viste in scena.

 

E poi, come d’abitudine, ci saranno da aspettarsi nuove scoperte e approcci non tradizionali al mondo della narrazione: letture dei tarocchi che diventano spettacolo, momenti musciali per le vie dei paesi, l’installazione fotografica diffusa Per me si va tra la perduta gente (a cura dell’ ODV RI-SCATTI) da scoprire esplorando i nuclei di Arzo e Meride, uno spettacolo “post-serale” alle 23.45 di giovedì, e molte altre sorprese.

 

Com’è, dunque, il mondo visto di fronte? Una domanda dalle molte sfaccettature, che sarà possibile esplorare in un viaggio lungo quattro giorni, nove spettacoli pomeridiani, due mattutini, cinque preserali, tre serali e poi concerti, incontri e discussioni, esposizioni, giochi, laboratori o semplici passeggiate tra le corti. Che sono poi tutti modi di dire: quattro giorni di storie.