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Laboratorio con Ireni Serini e Caterina Simonelli: "Qual è secondo voi la differenza tra maschi e femmine?"

23 Agosto 2022

Carola Fasana

 

“Benvenute o benvenuti? O benvenuti e benvenute?” Pausa.

 

Questo è l’incipit che Irene Serini dà al momento laboratoriale, iniziando proprio in medias res, nel vivo della bruciante questione sul linguaggio. “Voi cosa fareste?”, prosegue rilanciando subito il quesito alle persone partecipanti. Ci sono 25 adulti/e che provengono principalmente dal mondo dell’educazione, sono disposti/e in cerchio e si guardano interrogandosi.

Ci sono 21 donne, più le 2 performer Irene e Caterina, e solo 4 uomini. Non c’è da stupirsi, sottolineano le due conduttrici è la norma in questo tipo di attività in cui ci si mette in gioco riflettendo sull’identità di genere. Anzi 4 è un buon numero! Un altro fatto, però, è che di solito questa piccola percentuale di uomini che partecipano sono omosessuali e ciò perché questi ultimi, come le donne, sentono l’urgenza di trattare l’argomento. I rari uomini eterosessuali che ogni tanto si palesano rappresentano una “presenza magica” e importantissima.

“Noi nasciamo e ci viene dato un nome e da uniti/e quali eravamo veniamo divisi/e da un nome tipo Irene e da quel momento avremo soltanto articoli o solo maschili o solo femminili e aggettivi che terminano o solo con la O oppure solo con la A.”

 

Quanto questo ci condiziona? Silenzio. È difficile quantificare ciò di cui a volte non ci si accorge nemmeno. Ciò che subdolamente si nasconde tra i mattoni di quei muri di frontiera che Mario Mieli in ogni parte del mondo ha cercato di scavalcare.

 

Qual è secondo voi la differenza tra maschi e femmine? Anche questa domanda crea difficoltà.

“Non puoi circoscrivere?” “Dacci un indizio” chiedono le persone partecipanti. Se non si restringe il campo sembra impossibile trovare qualsiasi cosa che ci separi così nettamente. Serini, allora, specifica che chiedeva la differenza principale. “Ah, beh, la donna ha vulva, l’uomo il pene” si sente nel cerchio. Però, poi, qualcuno evidenzia che non tutti gli uomini hanno il pene e non tutte le donne la vulva. E allora? Cos’è?

Irene a questo punto dice che stanno rispondendo sulla base di un fraintendimento: uomo/donna e maschio/femmina non sono sinonimi. “E il sapere questo ci dà una grande libertà!” Ci rende finalmente liberi di essere oltre l’imposizione che il nome, regalatoci alla nascita, porta con sé. Infatti, questa rigida distinzione tra le due categorie di maschio e di femmina, azzurro e rosa, è qualcosa di socialmente costruito.

Il laboratorio ha lo scopo di aprire una piccola breccia verso questa libertà lasciandosi guidare da tre domande principali: che cos’è l’identità? Chi la determina? A chi serve?

 

Le due conduttrici fanno questo attraverso vari esercizi, in cui il corpo, da qui il Body di EveryBody, diventa il centro di questa indagine tra persone e all’interno della propria individualità.

Per prima cosa Caterina Simonelli chiede alle persone partecipanti di camminare nello spazio e di fermarsi in un punto scelto.“Io sono Caterina e ho paura degli spazi chiusi, per questo mi sono messa vicino alla porta”.

E così tutti/e hanno cominciato a motivare la loro collocazione nello spazio; posizionarsi implica sempre un equilibrio tra il sé e gli/le altri/e che sono nello stesso spazio. “Ci sono dei luoghi in cui il maschio può andare ma la femmina no”, evidenzia Irene.

“L’identità di genere dipende da dove e da quanto compio quel gesto di coraggio”. Il provare ad occupare uno spazio che non mi è concesso, stare fieramente al centro della stanza. Nessuna delle persone presenti lo ha fatto. Per fare un passo dove è scomodo stare, infatti, non basta una sola persona ma è necessario l’intervento di tutta la comunità.

 

Questa riflessione sullo spazio e sul linguaggio è stata poi approfondita nel corso delle quattro ore attraverso una gamma di esercizi sulla percezione corporea e la risonanza emotiva.

Sono emerse difficoltà e rigidità di cui non si era consapevoli, perché magari sono cose che si sanno, ma diverso è provarle su di sé in uno spazio con altri/e. Banalmente, anche se banale non lo è, si guarda la realtà in modo diverso in base a dove si è: ci sono delle cose che non si riescono a vedere o a sentire. Anche come ci si muove nello spazio comunica informazioni sulla propria identità di genere. Ma quanto camminiamo come maschi/femmine oppure come uomini/donne che ci sentiamo di essere?

 

Nel saluto finale Irene fa notare che, inconsapevolmente, sia lei che Caterina avevano usato un maschile sovraesteso, quando di 25, anzi 27 persone presenti, solo 4 erano uomini. Incredibile che ormai sia così sotto pelle che non ci si faccia quasi più caso!

“Perché quando in un gruppo c’è una stragrande maggioranza di donne e anche solo un uomo si continua a usare il maschile e non si sperimenta una cosa, che sembrerebbe anche più logica da certi punti di vista, cioè il femminile, in quanto maggioranza?”