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Storia di una ragazza eccezionale

1 Settembre 2019

Mara Travella

Uno spettacolo pensato per interrogare, per «accendere lo spettatore al di là del bello e del brutto, per attivare il pensiero»: ha debuttato ieri sera ad Arzo, nel Cortile della Contessa, Il taccuino di Simone Weil, interpretato da Monica Ceccardi.

Il percorso di Simone Weil dall’infanzia fino alla precoce morte – passando per gli studi filosofici, la fabbrica e l’impegno al fronte durante la guerra civile spagnola – è stato portato in scena in uno spettacolo che vuole rivolgersi soprattutto ai giovani, poiché è proprio da un romanzo per ragazzi che prende avvio il progetto teatrale di Monica Ceccardi e della compagnia Bam!bam! Teatro. Di questo e della vicenda umana e storica di una giovane donna eccezionale abbiamo parlato nell’intervista che le abbiamo fatto a fine spettacolo.

Questa era la Prima. Per cui una domanda è d’obbligo: com’è andato il debutto?

L’ emozione è molto grande, c’è ancora l’energia del dopo spettacolo che è doppia perché oggi è un debutto. Siamo stati molto felici di essere stati vostri ospiti. L’ elemento che è  nel portare lo spettacolo qui nella corte è che si sente che è uno spettacolo che nasce in teatro, perché il tecnico, Claudio Modugno, è un light designer, un pittore della luce. Questa scena è molto minimale, funzionale per uno spazio teatrale dove si può usare il buio per delimitare i tre ambienti rappresentati dai tre pannelli: la casa d’infanzia borghese, la fabbrica, la lotta, la guerra, e il pannello centrale che ricorda sia il lenzuolo del letto d’ospedale che la pagina del taccuino. Questi tre luoghi, come li abbiamo pensati con Irene Fioravante, sono inchiodati alla luce: il personaggio entra ed esce in tre spazi che prendono vita. Portando lo spettacolo qui abbiamo un po’ perso questo elemento scenico teatrale che non è solo estetico ma drammaturgico: ci siamo interrogati su questa scelta e ci siamo detti che sì, lo volevamo perdere, perché crediamo fortemente in questa storia umana, filosofica, letteraria.

Quanto tempo ci avete messo a preparare questo spettacolo, quali sono stati i materiali raccolti?

Da circa due, tre anni, lavoriamo su Simone Weil sia come studio personale che come progetto teatrale. Abbiamo incontrato l’autrice del romanzo da cui è tratto lo spettacolo, Guia Risari, un paio d’anni fa a Verona al Festival Tocatì. Il taccuino di Simone Wiel (rueBallu, Palermo, 2014), scritto da Risari e illustrato da Pia de Valentinis è una storia per un pubblico giovane che ha un linguaggio molto semplice. Con Guia ci siamo interrogate su che tipo di progetto potesse diventare, e fin da subito volevamo che questa storia, questa figura, potesse arrivare ai ragazzi. Noi crediamo in un teatro che non è mai di serie A o di serie B, quando dico “per i giovani” intendo che noi vogliamo arrivare alle menti giovani – come giovane era Simone Weil – per accenderle ed entusiasmarle non solo in senso estetico ma anche profondo. Certo lo spirito dello spettacolo è universale, ma è evidente che partendo da questi materiali ha un linguaggio giovane e non intellettuale: studiare Simone Weil è molto difficile per cui abbiamo lavorato sulla semplicità per arrivare a tutti.

Si parla molto oggi di modelli da seguire, soprattutto in ambito giovanile. Perché secondo te abbiamo bisogno – tutti – di sentir raccontare la vicenda umana e storica di Simone Weil?

Simone Weil intanto era una ragazza. Era una ragazza eccezionale perché si sentiva ultima e in questo la sua vicinanza alle grandi figure, anche religiose, come Gesù o San Francesco, è evidente. Lei è stata una grandissima filosofa – si pensi che era contemporanea a Sartre e Beauvoir e che loro la consideravano la più brava – ed è stata una persona che al di là della fortuna che ha avuto nel crescere in una famiglia borghese, ha accantonato i suoi privilegi e si è occupata della dignità dell’essere umano in quanto tale: ha messo al servizio dell’umanità la sua intelligenza. In un momento storico come quello che ha vissuto Weil – le due guerre mondiali, la guerra civile spagnola, gli orrori –, in cui il male era al potere, lei ha lottato per i diritti di tutti, degli ultimi. Weil non viene santificata semplicemente perché avendo un pensiero critico affilato come una lama vedeva le contraddizioni di tutte le chiese, ma le ha studiate tutte, le ha amate tutte e ha fatto suo questo senso del divino che lei cercava in ogni cosa senza avere una fede. Simone Weil è un modello per noi e per i giovani perché è l’esempio di una giovane ragazza che riesce a scardinare le contraddizioni dei grandi potenti, con le sue umilissime forze cerca davvero di cambiare il corso della storia. Questo esempio ci dice: “provate, rendete straordinaria la vostra vita. Magari non salveremo il mondo, ma avremo fatto un tentativo.” Simone Weil si lascia morire perché non sopporta di vivere mentre tutti soffrono: in un periodo in cui si sta esacerbando il solipsismo e l’odio verso l’altro credo che sia importante ricordare la figura di una donna che si è interrogata sul significato profondo di bene e di male, di bellezza e di verità, e che queste queste domande non le ha solo pensate ma le ha messe in discussione con la sua vita.