Il Festival internazionale di narrazione di Arzo compie venticinque anni e torna dal 21 al 24 agosto 2025 con una nuova edizione serale tutta da scoprire.

 

Mondi che ci attraversano è il titolo che ci accompagna quest’anno: un invito ad accogliere storie, voci ed esperienze che ci raggiungono da luoghi e vissuti diversi, trasformandosi in incontri, ascolto e comunità.

 

Quattro giorni di teatro, musica e parole che si intrecciano tra piazze, corti e giardini, sotto il cielo di fine estate. Un festival pensato per tutte e tutti: adulti, bambine e bambini, viandanti curiosi e chiunque desideri condividere il piacere dell’ascolto e della narrazione.

 

I biglietti e gli abbonamenti si possono acquistare su biglietteria.ch

 

Con il pass AG cultura entrata gratuita a tutti gli spettacoli.

 

L’acquisto di un biglietto o di un abbonamento consente l’accesso gratuito ai mezzi pubblici per tutto il Ticino.

 

Nell’attesa, vi ricordiamo l’importanza di associarvi, un contributo per il festival sempre più prezioso: è possibile diventare sociə del Festival versando un importo minimo di fr. 50.—, sul conto corrente postale intestato ad Associazione Festival di narrazione (maggiori info).

Un Live Podcast

Alessandra Curia, Maria Canino, Michele Carrera e Gionata Soncini

21.08.2025 21:30

con il Collettivo Divano Project: Alessandra Curia, Maria Canino, Michele Correra e Gionata Soncini

di Marzio Gandola e Margherita Fusi Fontana

regia Giammarco Pignatiello

prodotto da Collettivo Divano Project e Cooperativa Centro R.A.T.

Adulti

Arzo - Bonaga

Durata: 80'

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Un Live Podcast porta in scena quattro ragazzi che producono podcast, all’interno di un concorso per nuovi talenti in cui diffondono materiale radiofonico in streaming. Lo spettacolo si apre con la narrazione di un episodio realmente avvenuto a uno di loro, che però è fortemente contrario alla modifica di alcuni elementi della storia per renderla più accattivante. Si stanno vendendo? Qual è il limite della manipolazione dell’informazione? Il conflitto si acuisce quando, per la finale del concorso, decidono di utilizzare la storia d’amore della stessa persona, messa in parallelo alla vicenda dell’Otello shakespeariano. In questo caso, i ragazzi scoprono che raccontare una storia significa anche tradirla, scegliere una versione e abbandonare le altre, sollevando domande sulla ricerca della verità, sulla violazione della privacy e dando vita a situazioni tanto tragiche quanto grottesche.

 

Lo spazio è uno studio di registrazione e insieme un luogo mentale. I microfoni, le cuffie, i cavi sono strumenti e vincoli, trasformano la parola in un atto di dominio. Interferenze, sovrapposizioni, ripetizioni riscrivono il passato, instillano il dubbio, impongono una verità. L’autofiction non è più un linguaggio, è un sistema. La narrazione di sé è endemica, imprescindibile, un riflesso istintivo. Oggi non basta raccontare una notizia, bisogna diventarla. La realtà viene adattata, potenziata, resa vendibile. Lo spettacolo è un dispositivo che smaschera questo meccanismo. Quattro voci si intrecciano, si contraddicono, riscrivono il reale per renderlo più efficace. Ciò che è accaduto viene filtrato, amplificato, distorto. Il confine tra testimonianza e spettacolo si sfalda.

 

Al centro dello spettacolo vi è la riflessione sulla violenza di genere come prodotto di una manipolazione narrativa sottopelle: gli uomini sono intrappolati in una narrazione patriarcale implicita che giustifica e normalizza certi gesti. L’atto del narrare diventa uno specchio deformante, capace di rivelare quanto la nostra percezione della verità sia influenzata dalle storie che scegliamo di ascoltare e raccontare. In questo spazio, il pubblico non è solo osservatore, ma parte integrante di un gioco scenico che lo invita a riflettere sul ruolo del testimone e sulla complicità che le narrazioni sociali possono generare nei confronti di un sistema violento. Tra ironia e disincanto, Un Live Podcast diventa un dispositivo per indagare la fragilità del racconto e il potere trasformativo del teatro come spazio di rottura e rivelazione. Tra inquietudine, microfoni e playback, lo spettatore è chiamato a interrogarsi sul potere del racconto e sulla responsabilità di chi ascolta. Affinché i mondi che ci attraversano non ci colgano impreparati.